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Trento, 5 giugno 2012
Terremoti italiani: giovani progettisti, piÙ coraggio
di Lucia Coppola, Co-portavoce Costituente ecologista e consigliere comunale a Trento
dal Corriere del Trentino di martedì 5 giugno 2012

Una nuova tragedia, dopo quella recente e terribile de L'Aquila, ferita ancora aperta, ha colpito il nostro Paese, mettendo in ginocchio una regione forte per storia politica, per capacità imprenditoriali, per dignità individuale, ricca di opere d'arte inestimabili, di centri storici che conosciamo come veri gioielli architettonici. Ha soprattutto colpito al cuore le famiglie, privato della vita giovani operai che, pur nella paura, quel terribile lunedì mattina erano corsi sul luogo di lavoro, capannoni insicuri, costruiti in epoche recenti. Ma si sa che l'Emilia Romagna è entrata nel novero delle regioni a rischio sismico solo dal 2003! Il terremoto ha demolito in qualche secondo interi paesi, privando tante persone, ora sfollate a migliaia, del loro bene materiale più prezioso: la casa. Dunque ancora dolore, morte e disperazione, perdita di beni materiali e culturali, dei luoghi di lavoro, da questo nostro suolo italiano, così fragile e così scarsamente tutelato.

Storicamente, un tragico sisma segnò un discrimine nella storia del pensiero filosofico e morale europeo: il terremoto di Lisbona del 2 novembre 1755. Voltaire iniziò il 24 novembre e in dieci giorni scrisse e pubblicò il «Poema sul disastro di Lisbona». Vide in quella catastrofe «un terribile argomento contro l'ottimismo» riferendosi a Leibniz (questo è il migliore dei mondi possibili).

Da tale evento si attuò in senso pieno la secolarizzazione: l'accantonamento del modello teologico e provvidenzialistico della storia. Dopo «Poema sul disastro di Lisbona» e «Candido», la filosofia della storia poggiò su una dicotomia fondamentale: da un lato c'era il mondo della natura che non poteva mai essere interamente imbrigliato e tenuto sotto controllo; dall'altro vi era il mondo della storia, la dimensione peculiare del nostro essere (tutto ciò che accade, accade nel tempo) e contiene il senso della nostre azioni; i veri responsabili delle storia siamo noi. Anche davanti ai disastri naturali vi è una responsabilità umana.

Annota ancora Voltaire: «Le più colpite sono le case del popolo minuto, i poveri soffrono maggiormente del disastro»; «Lisbona è affondata e a Parigi si balla»; ma la conclusione cui egli addiviene è che «le guerre uccidono più dei terremoti». Anche Leopardi cita quel terremoto nello «Zibaldone».

Per la prima volta la città portoghese venne ricostruita dal marchese di Pombal secondo un piano regolatore «antisismico»: grandi piazze, larghi viali, una precisa normativa per le case a «gajola» fondata sull'impiego di intelaiature lignee poste all'interno delle strutture murarie. L'idea di fondo riprendeva i concetti del progetto costruttivo a telaio, diffuso in area nordica. Tale tecnica venne ripresa quando, in occasione del terremoto calabro-siculo del 1783, fu approntata la prima normativa italiana per la costruzioni a prova di sisma. Su questa base molti brevetti si ebbero dopo il terremoto di Messina del 1908.

Da allora la storia dei terremoti si interseca in Italia anche con la storia civile e politica: Benedetto Croce perse i genitori e la sorella durante il terremoto di Casamicciola, sull'isola di Ischia, del 1883. Un terremoto disastroso durato appena 90 secondi, dove lo stesso Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo».

Gaetano Salvemini ebbe la famiglia intera distrutta dal terremoto di Messina: la moglie, quattro figlie, un figlio. Lui si salvò perché era uscito sul balcone a fumare il sigaro. Il corpo del figlio non venne ritrovato fra le macerie. Narra Lussu che Salvemini, ancora in età avanzata, quando incontrava un giovane che poteva essere coetaneo di quel suo figlio perduto, ne scrutava le sembianze, le fattezze, quasi a cercare una qualche somiglianza.

Destino simile quello dello scrittore Ignazio Silone che ebbe, appena quindicenne, la famiglia distrutta nel terremoto del Fucino del 1915, ad eccezione del fratello minore.

Del '68 è il terremoto del Belice, con le malversazioni, i ritardi, la ricostruzione che non avvenne mai, le baraccopoli oggetto di denuncia da parte di Danilo Dolci.

Marguerite Yourcenar nel suo romanzo storico «Memorie di Adriano» fa dire all'imperatore in un dialogo: «Siamo responsabili della bellezza del mondo». Pretendere da una classe politica che ha sanato e condonato ogni forma di abusivismo persino dentro i parchi naturali di essere responsabile della «bellezza del mondo» mi sembra utopico. Ma la sicurezza, almeno quella, sì!

In Italia si costruisce molto, troppo, sovente male. Vorrei invitare innanzitutto i giovani, e segnatamente quelli che studiano le discipline urbanistiche, a un maggior coraggio, a minore acquiescenza e compiacenza nei confronti di chi, avendone la responsabilità, non si occupa con serietà della vita delle persone. Essere rigorosi, pretendere di essere educati a costruire bene, sanamente, solidamente. I nostri centri storici e le città rinascimentali, ora così colpite in Emilia, sono belli perché all'epoca vi fu una dialettica forte fra corporazioni, progettisti, committenti e potere politico.

Le ultime vittime, a cui va il nostro ricordo e il rimpianto, le loro famiglie straziate, che sono nel cuore di tutti, devono essere l'occasione prossima, la spinta emotiva, per far muovere il progetto di un'Italia diversa, dove non avvengano eventi terribili come questo o come il crollo della scuola elementare di San Giuliano nel Molise, il 30 ottobre 2002. Le tragedie sono talmente tante, anche nel breve periodo, che si fa fatica persino a ricordarle tutte.

Nel secolo scorso abbiamo avuto in Italia 120.000 vittime e 380.000 feriti per eventi sismici, 200mila morti se consideriamo gli ultimi 150 anni. Per non parlare dei morti e delle distruzioni da dissesto idrogeologico, frane e inondazioni, che ogni anno, di stagione in stagione, colpiscono l'Italia.

La classificazione del territorio ha sempre seguito i terremoti: dal 1909 al 1984 abbiamo avuto ben 53 decreti di riclassificazione, dei quali 22 dopo la proposta di riclassificazione del Progetto finalizzato geodinamico del Cnr. Un nuovo approccio, scientifico e non puramente empirico, nacque con il catastrofico sisma del maggio '76 in Friuli. Che i trentini ben ricordano.

La nuova normativa e la riclassificazione raccolgono anni di studi e ricerche a cui devono seguire azioni precise, adeguamenti e tutele: anche nei luoghi di lavoro! Non vincoli e gravami, bensì stimolo e occasione di miglioramento per tutti noi, per la sicurezza della nostra vita.

Le stesse imprese, pur nella difficoltà del momento, devono dimostrare la massima apertura e disponibilità a inaugurare un nuovo corso di miglior collaborazione con tecnici e progettisti, con enti locali e lavoratori, in nome di questa sicurezza e del «ben costruire» che non può che riguardare tutto il nostro Paese.

Lucia Coppola
Co-portavoce Costituente ecologista e consigliere comunale a Trento

 

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